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Gabriella Rossetti

Soverato 8 marzo 1997


8 marzo 1997

Commento di Gabriella Rossetti dell’Università di Ferrara al video

I giorni di Pechino”

Regia di

Tilde Capomazza


Gabriella Rossetti Relatrice

In tutti i luoghi in cui qualche donna, come le vostre mamme, le vostre nonne, le mamme delle donne africane presenti a Pechino ha fatto qualcosa per trasformare una condizione che è stata di subalternità dagli inizi della storia, purtroppo dobbiamo dirlo, da un 2000 anni a questa parte. Confortiamoci del fatto che questa trasformazione che è davvero cominciata in questo secolo, è un pezzettino nella storia dell’umanità: è un secolo rispetto ai 2000 anni, quindi siamo agli inizi.

Non si può dire che questo secolo sia stato, come qualcuno dice, “il secolo delle donne”, è stato il secolo di questa rivoluzione silenziosa, probabilmente il secolo delle donne sarà quello in cui vivrete voi, chi lo sa, quello che comincia tra poco. E’ una cosa a cui vi chiederei di pensare, ma forse lo avete già fatto…….perché le Nazioni Unite si sono occupate di questa vicenda.

Questa era la quarta Conferenza delle Nazioni Unite sulla cosiddetta “questione femminile”: la prima si era riunita nel 1975 e, secondo le N.U. si sarebbe dovuta ripetere dopo dieci anni di azione e riflessione sulla condizione della donna nel mondo , ma di anni ne sono passati venti!!!..

Dal 1975 al 1995 ci sono stati quattro incontri internazionali: a Città del Messico, Copenaghen, Nairobi e Pechino. Ho avuto la fortuna di essere a Nairobi nel 1985, dal 1985 al 1995 ho avuto la possibilità di partecipare anche ad altre conferenze delle Nazioni Unite, che non erano sulla questione femminile, ma in cui la presenza femminile era straordinaria. La Conferenza di Copenaghen si è chiamata “Social Summit”; era proprio l’8 marzo di due anni fa ed era una conferenza che aveva come obiettivo lo sradicamento della povertà. In questa conferenza la maggior parte dei /le partecipanti erano donne e il tema di cui si è più dibattuto è stato la condizione femminile, sapete perché? Perché nel mondo oggi ci sono valutati, secondo le definizioni standard della soglia di povertà, 1.300 milioni di poveri, intendiamo poveri rispetto ai modi in cui le organizzazioni internazionali definiscono la soglia di povertà, di cui il 70% sono donne. Abbiamo assistito in questi ultimi decenni ad un fenomeno che si chiama “femminilizzazione della povertà” che attraversa in maniera uguale sia i paesi ricchi che quelli poveri.

Negli Stati Uniti il 60% delle famiglie povere è costituito da famiglie che hanno a capo una donna. La povertà femminile quindi, si trova sia negli Stati Uniti che nei paesi del terzo mondo con a capo famiglia una donna sola (fenomeno interessantissimo e nuovo): il maschio è scomparso per motivi vari.

I luoghi in cui questo fenomeno è più diffuso sono: gli Stati Uniti e l’Africa. Cari/e ragazzi/e vedete, quindi, che non ci sono differenze tra paesi ricchi e paesi poveri.

Riguardo all’istruzione c’è stato un grosso summit delle Nazioni Unite ed anche lì le donne, sull’istruzione primaria, hanno raggiunto la parità, però abbiamo due dati ai 2 estremi interessanti: le donne continuano ad essere l’80% degli analfabeti nel mondo, 80% guardate che è tanto!!! Voi direte: “sì, va bene, ma gli analfabeti sono anziani, cioè sono le generazioni precedenti”. In parte questo è vero, però i 2/3 dei bambini del mondo che abbandonano la scuola elementare, cioè che non proseguono gli studi dopo la terza o la quarta elementare, sono femmine.

Stiamo parlando a livello mondiale, livello mondiale che ci riguarda perché la femminilizzazione della povertà trova il suo equivalente in un altro fenomeno che riguarda forse più da vicino noi del Nord che voi del Sud, ed è la femminilizzazione dei processi migratori. Tra emigranti, tra coloro che emigrano, che sono costretti ad abbandonare il loro paese per povertà, guerre ecc…., risulta che negli ultimi 10 anni la percentuale delle donne sta aumentando sensibilmente. Non sono povere, ma impoverite; 20 anni fa c’erano meno donne povere, allora vuol dire che nei processi di sviluppo c’è qualcosa che non funziona. Nei paesi in cui si dice: è aumentato il prodotto nazionale lordo, circolano più soldi, però aumenta anche la povertà, e dove aumenta la povertà? Tra le donne, fasce deboli, quelle che tengono in piedi l’agricoltura, che producono cibo, che tengono in piedi l’economia di sussistenza la quale viene tagliata e martellata dai meccanismi del mercato del cibo, del mercato agricolo di importante rilevanza per la sopravvivenza del pianeta in cui, però le donne sono penalizzate.

Ci sono Summit delle Nazioni Unite sulla salute (l’organizzazione mondiale della Sanità è un’organizzazione delle Nazioni Unite) e anche lì, guardando al mondo con gli occhi di donna e vedendo la differenza del vivere a secondo che si sia maschi o femmine, si scopre che il 43% delle persone colpite da Aids sono donne e che questa percentuale è destinata ad aumentare nel giro di pochi decenni.

Mi rendo conto che sto facendo un elenco di disgrazie, non deprimetevi, stiamo parlando di mondo perché vogliamo, e questo è anche il senso delle grandi conferenze mondiali, costringerci a pensare globalmente.

Grande slogan uscito dalla Conferenza di Pechino e non soltanto, è “Agire localmente e Pensare globalmente”

Quello che noi stiamo vivendo nella nostra piccola città è un pezzo di una dimensione globale.

A Pechino si sono incontrate donne che potevano essere di Soverato con donne della Tanzania che hanno scoperto di avere delle cose in comune. E’ un’esperienza molto intensa questa.

Marisa Rotiroti

Mi pare che la donna più anziana avesse 86 anni e la più giovane 18.

Gabriella Rossetti:

non solo, certe volte è stato mostrato Pechino in una situazione in cui finalmente le donne ce l’hanno fatta ad arrivare sotto il tavolo delle grandi potenze, no, erano sopra il tavolo perché la Presidente della conferenza dei governi è una donna Tanzana; a me questo sta molto a cuore perché ha lavorato con me tanti anni. E’ una donna che è salita ai vertici delle Nazioni Unite, ella proviene da un piccolissimo e poverissimo paese, un’isola sul lago Vittoria in quella zona dei grandi laghi che in questo momento è al centro delle questioni del Ruanda, Burundi ecc.. e che insomma era lì e presiedeva la conferenza delle Nazioni Unite; non è una cosa da poco!.....L’avrò conosciuta 20 anni fa e mi ha emozionato profondamente vedere queste immagini di una donna africana di poverissime radici che presiede questa conferenza con la competenza necessaria. Altre conferenze delle Nazioni Unite che hanno preceduto la conferenza di Pechino, a Rio de Janeiro nel ’93 la grande conferenza sull’ambiente, anche lì ci fu una grande e splendida donna: le donne hanno un particolare interesse verso la questione ambientale. Anche qui, come mai alla questione dell’ambiente? Pensate alla produzione del cibo: noi lo facciamo comperando le cose al supermercato, in Africa, in Asia lo fanno le donne come per noi cucinare, comunque per loro significa produrlo, coltivare. Produrre cibo quindi vuol dire che la condizione del suolo, della terra, la desertificazione di intere porzioni del territorio colpisce la loro vita in prima persona. Vuol dire che a riforestare le zone dell’Africa Orientale sono oggi le donne, sono loro che vanno a piantare un albero ogni volta che ne tagliano uno; sono quelle che fanno 10 Km al giorno per tagliare della legna per accendere il fuoco e che hanno un interesse in prima persona affinchè gli alberi non siano potati; sono loro che vanno a prendere l’acqua con una media, in Africa Orientale, di 2 ore al giorno di cammino e a cui quindi interessa:

  • che l’acqua ci sia,

  • che l’acqua non uccida i loro bambini

Capite che interesse hanno in prima persona queste donne!! Ci sono e vengono a Pechino per dire : “noi vogliamo acqua pulita non coca cola”, questo dicevano le donne di un gruppo organizzato del Kenia, dell’Uganda, della Tanzania, che hanno costituito una cooperativa. E’già una presa di posizione politica nei confronti di come il, loro paese sta subendo i processi di globalizzazione del mercato. Le donne e la guerra: non ci sono stati summit delle Nazioni Unite, però quando voi leggete la parola “ONU” sui giornali di solito essa è collegata a situazioni di guerra. L’ONU si presenta come poliziotto del mondo. Uno dei temi nella piattaforma di Pechino è stato le donne e la guerra. Perchè ? Anche qui di nuovo una storia di vittime, anche qui di nuovo una storia di vittime, le guerre di nuovo modello che fanno vittime più di quanto non ne facessero le guerre tradizionali. Nell’83% del 23.000.000 di profughi che stanno girando per il mondo, c’è gente che ha perso tutto quello che aveva per situazioni di guerra; sono donne e bambini. Abbiamo visto ritornare alla ribalta l’orrendo uso che del corpo delle donne si fa, si è sempre fatto e che oggi non solo si continua a fare ma che si fa in maniera più evidente e programmata in tempo di guerra, gli stupri etnici della Bosnia, del Ruanda, del Burundi tanto per fare un esempio. Dentro la guerra il corpo delle donne è usato come arma per offendere il nemico. Ci sono donne che dicono: no, basta; ci sono donne che dicono: no, basta siamo noi che abbiamo il diritto essendo le maggiori vittime di queste guerre di partecipare ai negoziati di pace! Questo principio è stato accettato. La settimana scorsa il segretario Serni della Cooperazione Internazionale del nostro Ministero degli Esteri ci diceva che nostri processi di pacificazione della Somalia gli Italiani hanno deciso di ricorrere ai gruppi organizzati di donne perché sembrano essere le uniche interessate al processo di pace. Campi di donne israeliane e palestinesi che dialogano sono stati messi in piedi da gruppi di donne italiane e nell’ex Iugoslavia si è fatto lo stesso, cioè dialoghi di donne che rappresentano eserciti in lotta tra di loro che portano avanti dei processi di pace. Quindi vedete che questa presenza delle donne nelle Nazioni Unite ha un senso molto grosso. La conferenza di Pechino non è soltanto una rivendicazione di parità, non è soltanto che le Nazioni Unite dicano: bene, riaggiustiamo le situazioni di ingiustizie che sono ancora in giro per il mondo e cerchiamo di fare in modo che la parità uomo-donna, grande tema del nostro secolo, sia raggiunta il più possibile dovunque. Non è solo questo, è una sfida che io riassumerei ancora in quello slogan: “guardare al mondo con occhi di donna”, che è stato lanciato alla Conferenza del Social Summit di Copenaghen e vedere che cosa succede, quali immagini di mondo vengono fuori quando a guardare temi come la povertà, la salute, la violenza, la guerra, i diritti umani di Versailles stabiliti nella Carta dei Diritti umani delle Nazioni Unite siano donne. Quando porre l’attenzione a questi temi che riguardano la vita di tutti noi siano le donne a dire come li vivano sulla propria pelle e quindi ce cosa vorrebbero, che tipo di mondo vorrebbero. E’ un po’ ottimista, se volete, ma ci rivolta un po’ questa immagine di vittime con cui abbiamo cominciato. In fondo la posizione di vittima può essere una posizione privilegiata, può essere una posizione che ti fa vedere cose che altre non vedono. Io avverto molto spesso questa sensazione nel mio lavoro, lavoro in Africa da molti anni in progetti di Cooperazione e vedo che una donna africana di media istruzione che lavora con me ha davanti a sé le logiche del mercato internazionale molto più chiare di quanto non le abbia io, perchè vede come modi di funzionamento dello sviluppo e dei suoi aspetti devastanti di quello che si chiama sviluppo molto più chiaramente di quanto non li veda io. Purtroppo, ma anche bene per lei nel momento in cui decide di fare qualcosa di questa sua visione. Finisco con un altro pezzettino di una citazione con cui si conclude un testo molto bello sulla povertà delle donne, redatto dall’Unifen, che è l’agenzia delle nazione Unite per la condizione femminile. E’ la frase di una donna indiana che ricorda anche un po’ le attività della donna, la cucina, lei dice:” chi vuole una fetta più grande di una torta avvelenata?” noi no! Le donne vogliono un’intera torta rifacendola con la loro ricetta. Questo non significa che vogliono appropriarsi di tutto, ma che vogliono avere diritto a fare delle proposte.

Maria Stella Rotiroti:

Ringrazio il Sindaco per la sua partecipazione e mi fa piacere che sia venuto a vedere con voi il video sulla Conferenza Mondiale di Pechino, che stiamo per proiettare.

…….PROIEZIONE DEL VIDEO………

Gabriella Rossetti:

Cosa vi ha sorpreso guardando il video? Curiosità, domande, emozioni

Alunna:

Vorrei sapere perché al dodicesimo punto c’era l’esclusione del bambino. Mi ha dato un po’ fastidio che fossero prese in considerazione solo le bambine. Penso sia dovere della donna tutelare bambini e bambine.

Alunna:

vorrei sapere se le donne musulmane presenti nel filmato hanno partecipato alla Conferenza e in quale posizione si sono schierate.

Gabriella Rossetti:

Rispondo a queste due domande bellissime. Il tema delle bambine, intanto, come mai è entrato? È stato proposto dalle donne africane. Se avete capito c’è stato un lungo processo di preparazione di questa conferenza, ci sono state delle conferenze regionali organizzate secondo il criterio dettato dalle Nazioni Unite e le donne africane hanno chiesto di inserire il tema delle bambine. La vostra compagna dice: mi sembra che sia una specie di discriminazione positiva. Intanto dovrei chiarire questo: i dodici punti non sono rivolti alle donne, sono le donne che chiedono ai governi, alle istituzioni pubbliche di fare delle cose. In questo caso tutte le donne organizzate hanno chiesto che si inserisse il tema delle bambine, è una richiesta che viene rivolta alle istituzioni di tutti i paesi, ai governi si chiede di occuparsi della condizione dell’infanzia femminile perché soprattutto nei paesi dell’Est ci sono dei dati sconcertanti sul rapporto numerico tra maschi e femmine che è a sfavore delle femmine. Come mai ci sono meno femmine che maschi? Fenomeno tragico, e diffusissimo, dell’infanticidio femminile che è tra le forme più cruente di controllo della popolazione usato per millenni. Non è un effetto della modernità, ricordatelo, sopravvive nelle popolazioni dei cacciatori, dei raccoglitori ed in alcune strutture economiche: quando nasce una bambina è una sciagura! Perché una sciagura? Perché le donne mettono al mondo figli e quindi laddove si tenta di controllare in maniera arcaica le nascite che non si possono mantenere utilizzano questi modi cruenti per tenere sotto controllo la crescita della popolazione. Molte donne mancano:

  1. o perché non vengono fatte nascere perché l’ infanticidio femminile che oggi si pratica in certe culture passa anche attraverso la tecnologia moderna: quando si sa che sarà una femmina si interrompe la gravidanza;

  2. o per discriminazione nei confronti delle bambine: è fuori legge dappertutto, però continua a praticarsi. In Cina c’è una legge molto rigida di controllo della popolazione: si può avere soltanto un figlio a testa, se nasce una femmina non la si denuncia per poter avere diritto al figlio maschio e si aspetta che arrivi. Altra questione: la mortalità infantile! Cifre mondiali, muoiono più bambine che bambini, come mai? Perché sono più fragili di costituzione? No, perché mangiano di meno, in quanto nella distribuzione delle risorse all’interno di una famiglia ci sono culture in cui i bambini mangiano dopo che hanno finito di mangiare gli adulti e le bambine mangiano dopo che il bambino maschio ha mangiato gli avanzi degli avanzi degli adulti. Denutrizione, bimbi fragili, arrivano all’età della pubertà che sono fragili. Stiamo parlando soprattutto dei paesi dell’Est, ma la denutrizione femminile riguarda anche i paesi africani. Della scolarità abbiamo già detto: ho 10 figli, non ho i soldi per mandare tutti a scuola, allora chi mando? Quale scuola scelgo? Chi mando all’università? Consideriamo la situazione delle amiche tanzane, che nella generazione precedente partorivano una media di 8 figli a persona (12/13 era normale), naturalmente non si pensa assolutamente di mandare a scuola le femmine, le bambine stanno in casa ad aiutare la mamma. Mi sono trovata in India in un progetto molto interessante riguardante l’adozione a distanza di bambine di uno “slam” di una grande città indiana. Famiglie italiane mandano soldi perché le bambine vadano a scuola e, non solo…, bisognerà mandare altri soldi alle mamme come indennità per il lavoro che perdono. Ho come vicina di casa una signora la cui bambina di 8/9 anni ancora non va a scuola. Finché c’è qualche bambina neonata in casa la bambina più grande deve accudire il bambino/a più piccolo e quindi non può andare a scuola. “Come faccio? Chi mi aiuta? Come posso permettermi di mandarla a scuola?” dice la mamma. Si è visto che ci sono culture in cui le forme di patriarcato sono talmente forti e discriminanti che o si dà una mano fin dalla nascita alle donne, oppure ci si ritroverà tra 2 generazioni in situazioni praticamente identiche. Parlando dei Paesi africani, voglio aggiungere un’altra cosa: la prima generazione di ragazze adottate, comincia ad andare alle scuole superiori negli anni ’80. Ci sono paesi in cui il 70% con punte dell’80% delle ragazze che si iscrivono alla scuola superiore rimangono incinte entro il primo anno……gravidanze adolescenti!!!! In tali paesi c’è una legislazione apposita che colpisce le ragazze e non consente loro di frequentare la scuola, vengono sospese….

L’altra domanda che la vostra compagna ha rivolto è sulle donne musulmane. Nel video avete visto una donna algerina, le donne velate, donne semivelate con un velo sulla testa, ma niente sul viso. Il mondo musulmano, quindi era rappresentato in tutta la sua varietà, estremamente più grande di quanto noi non immaginiamo. Tra le donne palestinesi che sono in prima linea in un discorso emancipatorio, c’erano donne che potevano essere inquadrate in un movimento di fondamentalismo in Africa.

Avete visto il manifesto che diceva: “il velo è una mia scelta di vita”. C’erano queste e c’erano anche le altre. E’ una risposta molto semplicistica. Ho partecipato a un seminario, l’unico gestito da un uomo, di un gruppo che potremmo chiamare fondamentalista in cui la battaglia era sul testo sacro: la lettura del Corano è diventata un luogo di confronto. Questo signore che gestiva il seminario tentava di dimostrare che nel Corano erano contenute le risposte alle richieste che le donne stavano facendo, quindi si garantiva uguaglianza, pace, sviluppo. Non sono un’esperta, ma mi sembra che l’argomentazione di questo uomo fosse la religione musulmana, che propone una complementarietà all’uomo: grandissimo rispetto per la donna che però deve stare nel suo “ambito”. Insisteva molto sulla responsabilità maschile, che la religione attribuisce agli uomini, di cura della moglie e delle proprie mogli. Insisteva molto sul significato spirituale, anche di garanzia dall’autonomia maschile che ha questa pratica della velatura, della cancellazione del volto, del nascondere il corpo femminile, pratica non solo musulmana, ma che attraversa anche altre religioni.

Abbiamo visto quello che è successo in Algeria dove esistono situazioni in cui non possiamo parlare di sopravvivenza, di modalità in cui la religione si intreccia con i costumi dettati da motivi sociali ecc.. Abbiamo visto bravissime musulmane che stavano senza velo, uscivano da casa per andare a lavorare e nel giro di due mesi venivano rinchiuse in casa e dovevano rimettere il velo. E’ sconcertante vedere cosa succede in Algeria: ammazzano le donne, uccidono le insegnanti perché si espongono nell’andare a scuola per esercitare professioni femminili e perché partecipano allo sviluppo dell’economia. Cosa passi per la testa di chi compie queste azioni nessuno lo dice.

Dall’altra parte una cosa molto interessante invece è tutto il movimento delle studiose del Corano, delle teologhe musulmane e delle giuriste che stanno lavorando sulla SHARIA, legge che determina i modelli di comportamento e che adesso è diventata anche storia.

Queste donne stanno tornando alle origini dell’Islamismo per capire che cosa si è aggiunto nel corso del tempo. Mohammad aveva una moglie ricca commerciante che lavorava in proprio, era un’imprenditrice e le studiose fanno di questa donna un modello per dire che l’Islam non vietava il lavoro alle donne. Ho assistito alla Conferenza preparatoria di Pechino e posso dire che forse uno dei momenti di più grosso litigio tra i governi è stata la discussione sul diritto all’eredità: quando si afferma il diritto delle donne ad ereditare in molte culture islamiche questa cosa non viene fatta passare. Non c’è, neanche nel mondo cattolico, una universalità di legislazioni dei governi in cui prevalga una religione piuttosto che un’altra, però in molti paesi islamici è mantenuta per le donne questa proibizione ad ereditare.

Alunna

Vorrei sapere a che punto è la legge sull’aborto.

Gabriella Rossetti:

ho qui una cartina che rappresenta la diffusione della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza con certe condizioni che variano da un posto all’altro. Mondialmente è autorizzata l’interruzione di gravidanza da 10 a 18 settimane del concepimento nel 40% della superficie terrestre; l’aborto è autorizzato soltanto se la vita della donna è in pericolo nel 18% dei casi; è autorizzato per ragioni medico – sociali e socio – economiche nel 21%, è autorizzato sempre nei casi di stupro e di incesto. Se voi guardate questa cartina vedete che la maggiore diffusione delle donne in pericolo si trova in molti paesi dell’Africa centro – occidentale, in alcuni paesi arabi e in alcuni paesi dell’America Latina. C’è un pezzo nel video che non mi trova d’accordo nel senso che non è mai stata posta la questione della legalizzazione dell’aborto come obiettivo. Mi farebbe piacere che leggeste delle dispense preparate dalla Regione Lombardia proprio per le Scuole medie superiori, dove ciascuno di questi temi viene presentato con dati e statistiche. Quando la signora sudamericana diceva che è un obiettivo in realtà non lo è mai stato. Il tema che veniva fuori si chiama “Salute sessuale e riproduttiva della donna”. I dati che emergono evidenziano che mezzo milione di donne oggi muoiono per infezioni legate al parto o al tentativo di interruzioni di gravidanza che avvengono per situazioni non protette. Una donna africana ha 200 volte più probabilità di morire per situazioni collegate al parto, alla gravidanza, di quante non ne abbiamo noi. Diritto alla salute sessuale e riproduttiva vuol dire, da una definizione data dall’organizzazione mondiale della Sanità, la possibilità di vivere la propria vita sessuale fuori da timori, paure, ritardi, coercizioni e il diritto di decidere se, quando e con chi avere figli.

Alunna

A che punto è la legge sullo stupro negli altri Paesi’

Gabriella Rossetti

Anche questa è una domanda interessantissima. Non c’è una distinzione grossa tra Paesi ricchi e Paesi poveri. Considerare la violenza sessuale violenza contro la persona è ormai legislazione diffusa nella maggioranza degli Stati; in questo senso l’Italia è arrivata piuttosto tardi. C’è un aspetto interessante di questa faccenda ed è la possibilità di considerare le donne sottoposte a torture sessuali nel loro paese collegate a situazioni di guerra, come aventi diritto di chiedere asilo politico ed essere considerate rifugiate politiche. Questa proposta è stata fatta. I campi dove si raccolgono i profughi, nei paesi di guerra, sono occupati per il 98% da donne, i guardiani sono uomini e vi lascio immaginare il risultato! Queste donne vittime di violenza chiedono di avere diritto all’asilo politico fuori dal loro paese perché sono state vittime come quelle che hanno subito torture. Finora questa richiesta non è stata accettata!!!!

Spero che l’incontro non sia stato troppo deprimente. Vi ringrazio tantissimo per l’attenzione prestata.

Marisa Rotiroti

Ringrazio di cuore le insegnanti che in classe hanno fatto il lavoro preparatorio e ringrazio soprattutto voi ragazze e ragazzi per l’interesse dimostrato e l’attenzione prestata.

Prima di concludere voglio informarvi che la “Biblioteca delle donne” è specialistica e contiene solo libri scritti dalle donne, che è aperta a tutti donne e uomini per tre giorni alla settimana, martedì, giovedì e sabato dalle ore 16,30 alle 19,30.

Ancora un’ultima cosa: - se avete interessi particolari alla trattazione di argomenti generali o specifici fateci una richiesta e noi cercheremo di organizzare qualcosa che vi possa interessare. Grazie e arrivederci








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