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Gabriella Rossetti
Soverato
8 marzo 1997
8
marzo 1997
Commento
di Gabriella Rossetti dell’Università di Ferrara al video
“I
giorni di Pechino”
Regia
di
Tilde
Capomazza
Gabriella
Rossetti Relatrice
In
tutti i luoghi in cui qualche donna, come le vostre mamme, le vostre
nonne, le mamme delle donne africane presenti a Pechino ha fatto
qualcosa per trasformare una condizione che è stata di subalternità
dagli inizi della storia, purtroppo dobbiamo dirlo, da un 2000 anni a
questa parte. Confortiamoci del fatto che questa trasformazione che è
davvero cominciata in questo secolo, è un pezzettino nella storia
dell’umanità: è un secolo rispetto ai 2000 anni, quindi siamo
agli inizi.
Non
si può dire che questo secolo sia stato, come qualcuno dice, “il
secolo delle donne”, è stato il secolo di questa rivoluzione
silenziosa, probabilmente il secolo delle donne sarà quello in cui
vivrete voi, chi lo sa, quello che comincia tra poco. E’ una cosa a
cui vi chiederei di pensare, ma forse lo avete già fatto…….perché
le Nazioni Unite si sono occupate di questa vicenda.
Questa
era la quarta Conferenza delle Nazioni Unite sulla cosiddetta
“questione femminile”:
la prima si era riunita nel 1975 e, secondo le N.U. si sarebbe dovuta
ripetere dopo dieci anni di azione e riflessione sulla condizione
della donna nel mondo , ma di anni ne sono passati venti!!!..
Dal
1975 al 1995 ci sono stati quattro incontri internazionali: a Città
del Messico, Copenaghen, Nairobi e Pechino. Ho avuto la fortuna di
essere a Nairobi nel 1985, dal 1985 al 1995 ho avuto la possibilità
di partecipare anche ad altre conferenze delle Nazioni Unite, che non
erano sulla questione femminile, ma in cui la presenza femminile era
straordinaria. La Conferenza di Copenaghen si è chiamata “Social
Summit”; era proprio l’8 marzo di due anni fa ed era una
conferenza che aveva come obiettivo lo sradicamento della povertà.
In questa conferenza la maggior parte dei /le partecipanti erano
donne e il tema di cui si è più dibattuto è stato la condizione
femminile, sapete perché? Perché
nel mondo oggi ci
sono valutati, secondo le definizioni standard della soglia di
povertà, 1.300 milioni di poveri, intendiamo poveri rispetto ai modi
in cui le organizzazioni internazionali definiscono la soglia di
povertà, di cui il 70% sono donne. Abbiamo assistito in questi
ultimi decenni ad un fenomeno che si chiama “femminilizzazione
della povertà” che attraversa in maniera uguale sia i paesi ricchi
che quelli poveri.
Negli
Stati Uniti il 60% delle famiglie povere è costituito da famiglie
che hanno a capo una donna. La povertà femminile quindi, si trova
sia negli Stati Uniti che nei paesi del terzo mondo con a capo
famiglia una donna sola (fenomeno interessantissimo e nuovo): il
maschio è scomparso per motivi vari.
I
luoghi in cui questo fenomeno è più diffuso sono: gli Stati Uniti e
l’Africa. Cari/e ragazzi/e vedete, quindi, che non ci sono
differenze tra paesi ricchi e paesi poveri.
Riguardo
all’istruzione c’è stato un grosso summit delle Nazioni Unite ed
anche lì le donne, sull’istruzione primaria, hanno raggiunto la
parità, però abbiamo due dati ai 2 estremi interessanti: le donne
continuano ad essere l’80% degli analfabeti nel mondo, 80% guardate
che è tanto!!! Voi direte: “sì, va bene, ma gli analfabeti sono
anziani, cioè sono le generazioni precedenti”. In parte questo è
vero, però i 2/3 dei bambini del mondo che abbandonano la scuola
elementare, cioè che non proseguono gli studi dopo la terza o la
quarta elementare, sono femmine.
Stiamo
parlando a livello mondiale, livello mondiale che ci riguarda perché
la femminilizzazione della povertà trova il suo equivalente in un
altro fenomeno che riguarda forse più da vicino noi del Nord che voi
del Sud, ed è la femminilizzazione dei processi migratori. Tra
emigranti, tra coloro che emigrano, che sono costretti ad abbandonare
il loro paese per povertà, guerre ecc…., risulta che negli ultimi
10 anni la percentuale delle donne sta aumentando sensibilmente. Non
sono povere, ma impoverite; 20 anni fa c’erano meno donne povere,
allora vuol dire che nei processi di sviluppo c’è qualcosa che non
funziona. Nei paesi in cui si dice: è aumentato il prodotto
nazionale lordo, circolano più soldi, però aumenta anche la
povertà, e dove aumenta la povertà? Tra le donne, fasce deboli,
quelle che tengono in piedi l’agricoltura, che producono cibo, che
tengono in piedi l’economia di sussistenza la quale viene tagliata
e martellata dai meccanismi del mercato del cibo, del mercato
agricolo di importante rilevanza per la sopravvivenza del pianeta in
cui, però le donne sono penalizzate.
Ci
sono Summit delle Nazioni Unite sulla salute (l’organizzazione
mondiale della Sanità è un’organizzazione delle Nazioni Unite) e
anche lì, guardando al mondo con gli occhi di donna e vedendo la
differenza del vivere a secondo che si sia maschi o femmine, si
scopre che il 43% delle persone colpite da Aids sono donne e che
questa percentuale è destinata ad aumentare nel giro di pochi
decenni.
Mi
rendo conto che sto facendo un elenco di disgrazie, non deprimetevi,
stiamo parlando di mondo perché vogliamo, e questo è anche il senso
delle grandi conferenze mondiali, costringerci a pensare globalmente.
Grande
slogan uscito dalla Conferenza di Pechino e non soltanto, è “Agire
localmente e Pensare globalmente”
Quello
che noi stiamo vivendo nella nostra piccola città è un pezzo di una
dimensione globale.
A
Pechino si sono incontrate donne che potevano essere di Soverato con
donne della Tanzania che hanno scoperto di avere delle cose in
comune. E’ un’esperienza molto intensa questa.
Marisa
Rotiroti
Mi
pare che la donna più anziana avesse 86 anni e la più giovane 18.
Gabriella
Rossetti:
non
solo, certe volte è stato mostrato Pechino in una situazione in cui
finalmente le donne ce l’hanno fatta ad arrivare sotto il tavolo
delle grandi potenze, no, erano sopra il tavolo perché la Presidente
della conferenza dei governi è una donna Tanzana; a me questo sta
molto a cuore perché ha lavorato con me tanti anni. E’ una donna
che è salita ai vertici delle Nazioni Unite, ella proviene da un
piccolissimo e poverissimo paese, un’isola sul lago Vittoria in
quella zona dei grandi laghi che in questo momento è al centro delle
questioni del Ruanda, Burundi ecc.. e che insomma era lì e
presiedeva la conferenza delle Nazioni Unite; non è una cosa da
poco!.....L’avrò conosciuta 20 anni fa e mi ha emozionato
profondamente vedere queste immagini di una donna africana di
poverissime radici che presiede questa conferenza con la competenza
necessaria. Altre conferenze delle Nazioni Unite che hanno preceduto
la conferenza di Pechino, a Rio de Janeiro nel ’93 la grande
conferenza sull’ambiente, anche lì ci fu una grande e splendida
donna: le donne hanno un particolare interesse verso la questione
ambientale. Anche qui, come mai alla questione dell’ambiente?
Pensate alla produzione del cibo: noi lo facciamo comperando le cose
al supermercato, in Africa, in Asia lo fanno le donne come per noi
cucinare, comunque per loro significa produrlo, coltivare. Produrre
cibo quindi vuol dire che la condizione del suolo, della terra, la
desertificazione di intere porzioni del territorio colpisce la loro
vita in prima persona. Vuol dire che a riforestare le zone
dell’Africa Orientale sono oggi le donne, sono loro che vanno a
piantare un albero ogni volta che ne tagliano uno; sono quelle che
fanno 10 Km al giorno per tagliare della legna per accendere il fuoco
e che hanno un interesse in prima persona affinchè gli alberi non
siano potati; sono loro che vanno a prendere l’acqua con una media,
in Africa Orientale, di 2 ore al giorno di cammino e a cui quindi
interessa:
Capite
che interesse hanno in prima persona queste donne!! Ci sono e vengono
a Pechino per dire : “noi vogliamo acqua pulita non coca cola”,
questo dicevano le donne di un gruppo organizzato del Kenia,
dell’Uganda, della Tanzania, che hanno costituito una cooperativa.
E’già una presa di posizione politica nei confronti di come il,
loro paese sta subendo i processi di globalizzazione del mercato. Le
donne e la guerra: non ci sono stati summit delle Nazioni Unite, però
quando voi leggete la parola “ONU” sui giornali di solito essa è
collegata a situazioni di guerra. L’ONU si presenta come poliziotto
del mondo. Uno dei temi nella piattaforma di Pechino è stato le
donne e la guerra. Perchè ? Anche qui di nuovo una storia di
vittime, anche qui di nuovo una storia di vittime, le guerre di nuovo
modello che fanno vittime più di quanto non ne facessero le guerre
tradizionali. Nell’83% del 23.000.000 di profughi che stanno
girando per il mondo, c’è gente che ha perso tutto quello che
aveva per situazioni di guerra; sono donne e bambini. Abbiamo visto
ritornare alla ribalta l’orrendo uso che del corpo delle donne si
fa, si è sempre fatto e che oggi non solo si continua a fare ma che
si fa in maniera più evidente e programmata in tempo di guerra, gli
stupri etnici della Bosnia, del Ruanda, del Burundi tanto per fare un
esempio. Dentro la guerra il corpo delle donne è usato come arma per
offendere il nemico. Ci sono donne che dicono: no, basta; ci sono
donne che dicono: no, basta siamo noi che abbiamo il diritto essendo
le maggiori vittime di queste guerre di partecipare ai negoziati di
pace! Questo principio è stato accettato. La settimana scorsa il
segretario Serni della Cooperazione Internazionale del nostro
Ministero degli Esteri ci diceva che nostri processi di pacificazione
della Somalia gli Italiani hanno deciso di ricorrere ai gruppi
organizzati di donne perché sembrano essere le uniche interessate al
processo di pace. Campi di donne israeliane e palestinesi che
dialogano sono stati messi in piedi da gruppi di donne italiane e
nell’ex Iugoslavia si è fatto lo stesso, cioè dialoghi di donne
che rappresentano eserciti in lotta tra di loro che portano avanti
dei processi di pace. Quindi vedete che questa presenza delle donne
nelle Nazioni Unite ha un senso molto grosso. La conferenza di
Pechino non è soltanto una rivendicazione di parità, non è
soltanto che le Nazioni Unite dicano: bene, riaggiustiamo le
situazioni di ingiustizie che sono ancora in giro per il mondo e
cerchiamo di fare in modo che la parità uomo-donna, grande tema del
nostro secolo, sia raggiunta il più possibile dovunque. Non è solo
questo, è una sfida che io riassumerei ancora in quello slogan:
“guardare al mondo con occhi di donna”, che è stato lanciato
alla Conferenza del Social Summit di Copenaghen e vedere che cosa
succede, quali immagini di mondo vengono fuori quando a guardare temi
come la povertà, la salute, la violenza, la guerra, i diritti umani
di Versailles stabiliti nella Carta
dei Diritti umani delle Nazioni Unite
siano donne. Quando porre l’attenzione a questi temi che riguardano
la vita di tutti noi siano le donne a dire come li vivano sulla
propria pelle e quindi ce cosa vorrebbero, che tipo di mondo
vorrebbero. E’ un po’ ottimista, se volete, ma ci rivolta un po’
questa immagine di vittime con cui abbiamo cominciato. In fondo la
posizione di vittima può essere una posizione privilegiata, può
essere una posizione che ti fa vedere cose che altre non vedono. Io
avverto molto spesso questa sensazione nel mio lavoro, lavoro in
Africa da molti anni in progetti di Cooperazione e vedo che una donna
africana di media istruzione che lavora con me ha davanti a sé le
logiche del mercato internazionale molto più chiare di quanto non le
abbia io, perchè vede come modi di funzionamento dello sviluppo e
dei suoi aspetti devastanti di quello che si chiama sviluppo molto
più chiaramente di quanto non li veda io. Purtroppo, ma anche bene
per lei nel momento in cui decide di fare qualcosa di questa sua
visione. Finisco con un altro pezzettino di una citazione con cui si
conclude un testo molto bello sulla povertà delle donne, redatto
dall’Unifen, che è l’agenzia delle nazione Unite per la
condizione femminile. E’ la frase di una donna indiana che ricorda
anche un po’ le attività della donna, la cucina, lei dice:” chi
vuole una fetta più grande di una torta avvelenata?” noi no! Le
donne vogliono un’intera torta rifacendola con la loro ricetta.
Questo non significa che vogliono appropriarsi di tutto, ma che
vogliono avere diritto a fare delle proposte.
Maria
Stella Rotiroti:
Ringrazio
il Sindaco per la sua partecipazione e mi fa piacere che sia venuto a
vedere con voi il video sulla Conferenza Mondiale di Pechino, che
stiamo per proiettare.
…….PROIEZIONE
DEL VIDEO………
Gabriella
Rossetti:
Cosa
vi ha sorpreso guardando il video? Curiosità, domande, emozioni
Alunna:
Vorrei
sapere perché al dodicesimo punto c’era l’esclusione del
bambino. Mi ha dato un po’ fastidio che fossero prese in
considerazione solo le bambine. Penso sia dovere della donna tutelare
bambini e bambine.
Alunna:
vorrei
sapere se le donne musulmane presenti nel filmato hanno partecipato
alla Conferenza e in quale posizione si sono schierate.
Gabriella
Rossetti:
Rispondo
a queste due domande bellissime. Il tema delle bambine, intanto, come
mai è entrato? È stato proposto dalle donne africane. Se avete
capito c’è stato un lungo processo di preparazione di questa
conferenza, ci sono state delle conferenze regionali organizzate
secondo il criterio dettato dalle Nazioni Unite e le donne africane
hanno chiesto di inserire il tema delle bambine. La vostra compagna
dice: mi sembra che sia una specie di discriminazione positiva.
Intanto dovrei chiarire questo: i dodici punti non sono rivolti alle
donne, sono le donne che chiedono ai governi, alle istituzioni
pubbliche di fare delle cose. In questo caso tutte le donne
organizzate hanno chiesto che si inserisse il tema delle bambine, è
una richiesta che viene rivolta alle istituzioni di tutti i paesi, ai
governi si chiede di occuparsi della condizione dell’infanzia
femminile perché soprattutto nei paesi dell’Est ci sono dei dati
sconcertanti sul rapporto numerico tra maschi e femmine che è a
sfavore delle femmine. Come mai ci sono meno femmine che maschi?
Fenomeno tragico, e diffusissimo, dell’infanticidio femminile che è
tra le forme più cruente di controllo della popolazione usato per
millenni. Non è un effetto della modernità, ricordatelo, sopravvive
nelle popolazioni dei cacciatori, dei raccoglitori ed in alcune
strutture economiche: quando nasce una bambina è una sciagura!
Perché una sciagura? Perché le donne mettono al mondo figli e
quindi laddove si tenta di controllare in maniera arcaica le nascite
che non si possono mantenere utilizzano questi modi cruenti per
tenere sotto controllo la crescita della popolazione. Molte donne
mancano:
o
perché non vengono fatte nascere perché l’ infanticidio
femminile che oggi si pratica in certe culture passa anche
attraverso la tecnologia moderna: quando si sa che sarà una femmina
si interrompe la gravidanza;
o
per discriminazione nei confronti delle bambine: è fuori legge
dappertutto, però continua a praticarsi. In Cina c’è una legge
molto rigida di controllo della popolazione: si può avere soltanto
un figlio a testa, se nasce una femmina non la si denuncia per poter
avere diritto al figlio maschio e si aspetta che arrivi. Altra
questione: la mortalità infantile! Cifre mondiali, muoiono più
bambine che bambini, come mai? Perché sono più fragili di
costituzione? No, perché mangiano di meno, in quanto nella
distribuzione delle risorse all’interno di una famiglia ci sono
culture in cui i bambini mangiano dopo che hanno finito di mangiare
gli adulti e le bambine mangiano dopo che il bambino maschio ha
mangiato gli avanzi degli avanzi degli adulti. Denutrizione, bimbi
fragili, arrivano all’età della pubertà che sono fragili. Stiamo
parlando soprattutto dei paesi dell’Est, ma la denutrizione
femminile riguarda anche i paesi africani. Della scolarità abbiamo
già detto: ho 10 figli, non ho i soldi per mandare tutti a scuola,
allora chi mando? Quale scuola scelgo? Chi mando all’università?
Consideriamo la situazione delle amiche tanzane, che nella
generazione precedente partorivano una media di 8 figli a persona
(12/13 era normale), naturalmente non si pensa assolutamente di
mandare a scuola le femmine, le bambine stanno in casa ad aiutare la
mamma. Mi sono trovata in India in un progetto molto interessante
riguardante l’adozione a distanza di bambine di uno “slam” di
una grande città indiana. Famiglie italiane mandano soldi perché
le bambine vadano a scuola e, non solo…, bisognerà mandare altri
soldi alle mamme come indennità per il lavoro che perdono. Ho come
vicina di casa una signora la cui bambina di 8/9 anni ancora non va
a scuola. Finché c’è qualche bambina neonata in casa la bambina
più grande deve accudire il bambino/a più piccolo e quindi non può
andare a scuola. “Come faccio? Chi mi aiuta? Come posso
permettermi di mandarla a scuola?” dice la mamma. Si è visto che
ci sono culture in cui le forme di patriarcato sono talmente forti e
discriminanti che o si dà una mano fin dalla nascita alle donne,
oppure ci si ritroverà tra 2 generazioni in situazioni praticamente
identiche. Parlando dei Paesi africani, voglio aggiungere un’altra
cosa: la prima generazione di ragazze adottate, comincia ad andare
alle scuole superiori negli anni ’80. Ci sono paesi in cui il 70%
con punte dell’80% delle ragazze che si iscrivono alla scuola
superiore rimangono incinte entro il primo anno……gravidanze
adolescenti!!!! In tali paesi c’è una legislazione apposita che
colpisce le ragazze e non consente loro di frequentare la scuola,
vengono sospese….
L’altra domanda che la vostra compagna ha
rivolto è sulle donne musulmane. Nel video avete visto una donna
algerina, le donne velate, donne semivelate con un velo sulla testa,
ma niente sul viso. Il mondo musulmano, quindi era rappresentato in
tutta la sua varietà, estremamente più grande di quanto noi non
immaginiamo. Tra le donne palestinesi che sono in prima linea in un
discorso emancipatorio, c’erano donne che potevano essere
inquadrate in un movimento di fondamentalismo in Africa.
Avete visto il manifesto che diceva: “il velo
è una mia scelta di vita”. C’erano queste e c’erano anche le
altre. E’ una risposta molto semplicistica. Ho partecipato a un
seminario, l’unico gestito da un uomo, di un gruppo che potremmo
chiamare fondamentalista in cui la battaglia era sul testo sacro: la
lettura del Corano è diventata un luogo di confronto. Questo signore
che gestiva il seminario tentava di dimostrare che nel Corano erano
contenute le risposte alle richieste che le donne stavano facendo,
quindi si garantiva uguaglianza, pace, sviluppo. Non sono un’esperta,
ma mi sembra che l’argomentazione di questo uomo fosse la religione
musulmana, che propone una complementarietà all’uomo: grandissimo
rispetto per la donna che però deve stare nel suo “ambito”.
Insisteva molto sulla responsabilità maschile, che la religione
attribuisce agli uomini, di cura della moglie e delle proprie mogli.
Insisteva molto sul significato spirituale, anche di garanzia
dall’autonomia maschile che ha questa pratica della velatura, della
cancellazione del volto, del nascondere il corpo femminile, pratica
non solo musulmana, ma che attraversa anche altre religioni.
Abbiamo visto quello che è successo in Algeria
dove esistono situazioni in cui non possiamo parlare di
sopravvivenza, di modalità in cui la religione si intreccia con i
costumi dettati da motivi sociali ecc.. Abbiamo visto bravissime
musulmane che stavano senza velo, uscivano da casa per andare a
lavorare e nel giro di due mesi venivano rinchiuse in casa e dovevano
rimettere il velo. E’ sconcertante vedere cosa succede in Algeria:
ammazzano le donne, uccidono le insegnanti perché si espongono
nell’andare a scuola per esercitare professioni femminili e perché
partecipano allo sviluppo dell’economia. Cosa passi per la testa di
chi compie queste azioni nessuno lo dice.
Dall’altra parte una cosa molto interessante
invece è tutto il movimento delle studiose del Corano, delle
teologhe musulmane e delle giuriste che stanno lavorando sulla
SHARIA, legge che determina i modelli di comportamento e che adesso è
diventata anche storia.
Queste donne stanno tornando alle origini
dell’Islamismo per capire che cosa si è aggiunto nel corso del
tempo. Mohammad aveva una moglie ricca commerciante che lavorava in
proprio, era un’imprenditrice e le studiose fanno di questa donna
un modello per dire che l’Islam non vietava il lavoro alle donne.
Ho assistito alla Conferenza preparatoria di Pechino e posso dire che
forse uno dei momenti di più grosso litigio tra i governi è stata
la discussione sul diritto all’eredità: quando si afferma il
diritto delle donne ad ereditare in molte culture islamiche questa
cosa non viene fatta passare. Non c’è, neanche nel mondo
cattolico, una universalità di legislazioni dei governi in cui
prevalga una religione piuttosto che un’altra, però in molti paesi
islamici è mantenuta per le donne questa proibizione ad ereditare.
Alunna
Vorrei sapere a che punto è la legge
sull’aborto.
Gabriella Rossetti:
ho qui una cartina che rappresenta la diffusione
della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza con certe
condizioni che variano da un posto all’altro. Mondialmente è
autorizzata l’interruzione di gravidanza da 10 a 18 settimane del
concepimento nel 40% della superficie terrestre; l’aborto è
autorizzato soltanto se la vita della donna è in pericolo nel 18%
dei casi; è autorizzato per ragioni medico – sociali e socio –
economiche nel 21%, è autorizzato sempre nei casi di stupro e di
incesto. Se voi guardate questa cartina vedete che la maggiore
diffusione delle donne in pericolo si trova in molti paesi
dell’Africa centro – occidentale, in alcuni paesi arabi e in
alcuni paesi dell’America Latina. C’è un pezzo nel video che non
mi trova d’accordo nel senso che non è mai stata posta la
questione della legalizzazione dell’aborto come obiettivo. Mi
farebbe piacere che leggeste delle dispense preparate dalla Regione
Lombardia proprio per le Scuole medie superiori, dove ciascuno di
questi temi viene presentato con dati e statistiche. Quando la
signora sudamericana diceva che è un obiettivo in realtà non lo è
mai stato. Il tema che veniva fuori si chiama “Salute sessuale e
riproduttiva della donna”. I dati che emergono evidenziano che
mezzo milione di donne oggi muoiono per infezioni legate al parto o
al tentativo di interruzioni di gravidanza che avvengono per
situazioni non protette. Una donna africana ha 200 volte più
probabilità di morire per situazioni collegate al parto, alla
gravidanza, di quante non ne abbiamo noi. Diritto alla salute
sessuale e riproduttiva vuol dire, da una definizione data
dall’organizzazione mondiale della Sanità, la possibilità di
vivere la propria vita sessuale fuori da timori, paure, ritardi,
coercizioni e il diritto di decidere se, quando e con chi avere
figli.
Alunna
A che punto è la legge sullo stupro negli altri
Paesi’
Gabriella Rossetti
Anche questa è una domanda interessantissima.
Non c’è una distinzione grossa tra Paesi ricchi e Paesi poveri.
Considerare la violenza sessuale violenza contro la persona è ormai
legislazione diffusa nella maggioranza degli Stati; in questo senso
l’Italia è arrivata piuttosto tardi. C’è un aspetto
interessante di questa faccenda ed è la possibilità di considerare
le donne sottoposte a torture sessuali nel loro paese collegate a
situazioni di guerra, come aventi diritto di chiedere asilo politico
ed essere considerate rifugiate politiche. Questa proposta è stata
fatta. I campi dove si raccolgono i profughi, nei paesi di guerra,
sono occupati per il 98% da donne, i guardiani sono uomini e vi
lascio immaginare il risultato! Queste donne vittime di violenza
chiedono di avere diritto all’asilo politico fuori dal loro paese
perché sono state vittime come quelle che hanno subito torture.
Finora questa richiesta non è stata accettata!!!!
Spero che l’incontro non sia stato troppo
deprimente. Vi ringrazio tantissimo per l’attenzione prestata.
Marisa Rotiroti
Ringrazio di cuore le insegnanti che in classe
hanno fatto il lavoro preparatorio e ringrazio soprattutto voi
ragazze e ragazzi per l’interesse dimostrato e l’attenzione
prestata.
Prima di concludere voglio informarvi che la
“Biblioteca delle donne” è specialistica e contiene solo libri
scritti dalle donne, che è aperta a tutti donne e uomini per tre
giorni alla settimana, martedì, giovedì e sabato dalle ore 16,30
alle 19,30.
Ancora un’ultima cosa: - se avete interessi
particolari alla trattazione di argomenti generali o specifici fateci
una richiesta e noi cercheremo di organizzare qualcosa che vi possa
interessare. Grazie e arrivederci
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